RACCONTI DI CUCINA FIORENTINA

[Classe 4f – Liceo Scientifico]

Premessa: l’idea per la realizzazione di questo progetto nasce dalla partecipazione della classe 4F dell’IIS L. Costanzo di Decollatura al progetto “Dante e il suo tempo”, organizzato dal Lions Club International. Tra le varie possibilità a nostra disposizione, abbiamo deciso di raccontarvi delle storie culinarie ambientate nella Firenze medievale. In questi tre piccoli capitoli vi mostreremo ricette e piatti tipici dell’antica tradizione fiorentina, inseriti all’interno di storie di fantasia da noi realizzate.

Introduzione: Questo è l’inizio di un viaggio culinario ambientato nel 1300; un viaggio tra personaggi diversi ma seduti alla stessa tavola… storie di baroni, conti e contadini; storie di amanti che lottano contro il tempo per recuperar la loro cena.

Ci troviamo presso un noto palazzo fiorentino dove gli ospiti del granduca Ravignani, in occasione di un importante banchetto, si dilettano a narrare delle bizzarre avventure gastronomiche, mentre insieme brindano e mangiano seduti a tavola. 

Nella gran confusione del momento, il primo a prender parola è un nobile Cavaliere proveniente da un’importante famiglia, che attirando l’attenzione di tutti i convitati, inizia a gran voce a narrare la storia di un povero contadino che sorprese tutti in una sfida culinaria all’inaugurazione di una nuova osteria…


L’OSTERIA DEL BORGO

È il 9 Marzo 1308, a Firenze è stata da poco inaugurata la nuova “Osteria del borgo” a pochi passi dal centro della città. Il proprietario del locale Sandro, cuoco dell’osteria, ha in mente di preparare una sfida che metterà alla prova palati provenienti da diversi ceti sociali. Proporrà un semplice menù a base di 3 portate a vari concorrenti: lo scopo della gara è riuscire a indovinare tutti gli ingredienti di ogni singola portata. Cosa c’è in palio? Un misterioso e prestigioso premio.

Udita voce di questa sfida, Il Conte Alberto non perse l’occasione

di partecipare alla gara, spinto dalla voglia irrefrenabile di mettersi in gioco e mettere le mani sul premio misterioso, così monta a cavallo e si dirige da Siena, sede della sua casata, a Firenze, ove si terrà la sfida culinaria.

Durante il lungo tragitto il signorotto non si perde troppo nel riflettere sulle varie strategie da attuare per la competizione, ma si immagina già pronto a festeggiar la sua vittoria, certo delle sue abilità.

Avendo orecchiato di questa avvincente sfida però, anche il pastore Cecco, incuriosito dalla competizione, tenta di mettersi in gioco. 

Arrivata l’ora di pranzo i concorrenti si recano presso la appena inaugurata osteria per tentare la sorte e sfoggiare le loro abilità culinarie. 

Una volta accomodati al tavolo, il nobiluomo scruta il pastore con aria di superiorità, certo di una stracciante vittoria, mentre Cecco si avvicina umilmente al suo posto, intimidito dallo sguardo del Conte.

Inizia così la sfida. Il cuoco Sandro porta in tavola la prima portata: si tratta di un goloso piatto di carabaccia su crostone e uovo. Dopo un’attenta degustazione, solo cinque dei partecipanti riescono a pronunciare i nomi corretti di tutti gli ingredienti: cipolle di Certaldo, carote, gambi di sedano, mandorle tritate, cannella, uovo in camicia, fette di pane toscano, olio, sale e pepe.

Il cuoco Sandro, sbalordito, si congratula con i partecipanti e porta loro la

portata seguente. Si tratta di un altro tipo di primo: maccheroni tortellati,

preparati con pasta fatta in casa, vitello, salsiccia, sugo di bietole, carni

secche, olio, formaggio, sedano, carote, cipolla bianca, aglio, sale e pepe.

Gli sfidanti trovano maggiore difficoltà nel riconoscere tutti gli ingredienti della pietanza, e infine solo il Conte e il pastore riescono ad indovinarli accedendo così alla fase successiva. 

Come ultima specialità il cuoco, per rendere la sfida ancora più eccitante, porta in tavola un piatto molto elaborato: la ginestrata.

Il Conte, ormai certo della sua vittoria, elenca gli ingredienti che compongono il piatto: brodo di gallina, tuorli d’uovo, cannella, noce moscata, sale e vino. Questa

volta però non era esatto: mancava un ingrediente all’appello, uno solo, e il Conte aveva dimenticato di pronunciarlo, così Cecco, grazie alle sue spiccate

conoscenze del mondo pastorale, indovina l’ultimo ingrediente mancante: il burro.

Il Conte allora, incredulo e amareggiato, si vede costretto a fronteggiare l’inaspettata sconfitta, rimanendo immobile a guardare l’umile pastore che timidamente si avvicinava al cuoco per riscattare il meritato premio.

A questo punto Sandro invitò il pastore a seguirlo in cucina per rivelargli la misteriosa ricompensa. Cecco, incredulo, si trovò dinanzi ad una tavola ricca di varie pietanze gustose da poter condividere con la sua intera famiglia. In aggiunta al premio vi era composizione che a lui era ancora sconosciuta, il libro portava il titolo “Convivio”.

Quando il Conte vide l’opera rimase stupefatto, riconoscendo colui che, al momento esiliato fuori Firenze, l’aveva realizzata. Il povero Cecco però non aveva mai imparato a leggere, dunque non poteva a apprezzare il vero valore dell’opera.

A tal proposito, il Conte Alberto si propose per aiutare Cecco nella lettura del libro. Tra i due nacque così, un legame di amicizia; tanto che il Conte accettò persino l’invito del pastore a trascorrere il resto della giornata presso la sua casa al fine di

condividere e celebrare il ricco premio, accompagnati dal desiderio di

procedere con la lettura dello scritto.


…conclusa la storia, il Granduca si lasciò andare in una fragorosa risata e riprese a mangiare. Subito dall’altro lato del tavolo un noto nobiluomo richiamò l’attenzione degli invitati tintinnando con la forchetta sul bicchiere e anche lui iniziò a raccontare…


AL PALAZZO DEL MARCHESE

Il Marchese Lodovico questa sera ha un’importante cena con la famiglia della sua amata: dopo lunghi mesi di corteggiamento ha finalmente deciso di chiedere la sua mano, tuttavia per farlo dovrà prima ricevere l’approvazione dalla sua famiglia. 

Nel palazzo c’è gran fermento in attesa del loro arrivo, ma tutto d’un tratto…

‘’DOV’E’? DOV’E’ FINITA?! QUEL MESCHINO! E’ STATO LUI! E’ FUGGITO VIA CON L’ANATRA!’’ esclamò la cuoca. L’anatra, destinata al banchetto, era stata rubata.

 Il marchese, udendo così tanto trambusto, si precipitò in cucina esclamando: 

‘’Che cosa sta succedendo qui?’’ e la cuoca rispose ‘’QUEL VILE! IL SERVO CHE VOI AVETE ACCOLTO AL PALAZZO, HA RUBATO L’ANATRA!’’. 

Il Marchese, appresa la notizia andò su tutte le furie. La portata principale era stata rubata e mancavano solo poche ore all’inizio del banchetto, bisognava trovare una soluzione. Presto salì in sella del suo destriero e d’impeto si diresse verso la dimora del servo fuggiasco. 

Giunto presso la sua abitazione, si scagliò contro la porta d’ingresso e iniziò a bussare e urlare con rabbia: “APRITE, APRITEMI SUBITO! VIGLIACCO, SO CHE SEI LI’ DENTRO’’. 

Il servo, spaventato, non trovò il coraggio di aprirgli, allora il marchese sfondò la porta e… 

Alla vista di questa scena il marchese ammutolì, il servo allora gli si avvicinò e affranto gli disse: “messere Lodovico, la prego di perdonarmi… non ho cibo per sfamare i miei figli, non posseggo denaro a sufficienza per comprare loro dei vestiti e la fame mi ha costretto a compiere quest’ignobile gesto’’. 

Udendo queste parole il Marchese, di buon cuore, rimase profondamente colpito e decise quindi di dargli una mano: ‘’Non serve che tu ti scusi, questa sera tu e la tua famiglia sarete miei ospiti”.

Commosso dalle parole del marchese, il servo si voltò verso la sua famiglia e nei loro volti vide occhi di gioia: “Forza prendete l’anatra e andiamo, il banchetto ci aspetta’’.

Di ritorno al palazzo gli ospiti vennero accolti nella sala da pranzo, dove ad attenderli trovarono la cuoca spazientita: “Che cosa ci fanno loro qui? Dovreste vergognarvi per quello che avete fatto’’, ma il marchese porse l’anatra alla cuoca e le disse: ‘’Stasera loro banchetteranno con noi. Facciamo presto! Tra poco arriveranno gli ospiti, vai in cucina e prepara la migliore anatra di sempre’’. 

Dopo tanta fatica e trambusto giunsero al palazzo gli invitati, e dopo i saluti e le presentazioni tutti si accomodarono ed ebbe finalmente inizio il banchetto. Al centro della grande sala vi era una lunga tavola imbandita dei cibi più prelibati, servi e piatti sfilavano a più non posso e tra le tante le delizie…

“Che bontà, è squisita!’’ 

“Che prelibatezza! Qual è il segreto dietro questo piatto?’’

La cuoca orgogliosa rispose: “Non vi è alcun segreto, si tratta di un’antica ricetta di famiglia: per preparare un’eccellente anatra con le rape bisogna bollire in acqua l’anatra con sale e aceto fino a metà cottura, per poi cuocere le rape così da toglier via il loro sapore acre. Dopo vi basterà levar via l’anatra dalla pentola e condirla con olio, pepe, garum, un mazzetto di porri e prezzemolo, metti una rapa tagliuzzata e versa sopra del mosto cotto per darle colore. Infine prepara una salsa con pepe, cumino aceto e sugo di cottura, versala sull’anatra e il piatto è servito.’’


…le vicende del contadino furono molto apprezzate dagli altri convitati, fu così che allora anche il Duca Donati decise di cimentarsi nel racconto di una sua storia…


STORIA DI UN CONTADINO

Giovanni, un umile contadino toscano giunto a Firenze per conto del Barone Guglielmo, aspettava trepidante che questi lo ricevesse. L’attesa non fu lunga e Messer Guglielmo lo invitò ad entrare nel suo studio:

“Prego Giovanni, accomodati, importanti questioni ci attendono. Come ben sai darò un importante banchetto, e vorrei, per questa occasione, garantire il meglio ai miei ospiti. Ho deciso quindi di affidarmi a te per quanto riguarda la scelta dei salumi e dei formaggi”. Giovanni rispose:

”Sono onorato della sua scelta Barone, ma quale sarebbe il mio compenso?”.

“Sarei disposto a pagarti il doppio rispetto a quanto di solito pago per un tale servizio, vista l’urgenza e l’importanza dell’avvenimento” disse il Barone Guglielmo. 

Giovanni, bisognoso di denaro e consapevole delle necessità del barone, argutamente gli rispose: 

”Messere Guglielmo la vostra scelta mi riempie d’orgoglio, ma vorrei rammentarvi, che come affermavate poco fa, i miei salumi e i miei formaggi sono il meglio che possiate servire ai vostri ospiti.” 

“Giovanni allora non vi offrirò più del triplo del compenso, e non intendo aumentar ancora questa cifra!” Così Giovanni, ora soddisfatto della proposta, annuì:

”D’accordo messere, sulla vostra tavola servirete i migliori prodotti della città:  un’eccellente mortadella di Prato, dei formaggi provenienti da Marzolino e da Maggengo, e una finocchiona aromatizzata da semi di finocchio e bagnata con dell’ottimo vino rosso.”

Terminato l’incontro il contadino riprese fiero il cammino verso casa…
I ritmi cittadini lo avevano straziato, ma era felice: l’incontro era andato al meglio! Non solo aveva concluso un grande affare, ma era riuscito anche a far lievitare i prezzi!

Fu così che la moglie di Giovanni, Caterina, intenta a preparare una cena speciale, attendeva trepidante il marito. Egli arrivò a casa poco prima dell’ora di cena, ed entusiasta comunicò all’amata le importanti novità ed ella rispose:

”Non avevo dubbi che avresti portato grandi notizie, per festeggiare ho preparato qualcosa di speciale!”. 

“Cosa mangiamo mamma?” chiese incuriosito Ugo, il figlioletto.

“Sto preparando una pasta speciale, pici cacio e pepe. Si prepara con farina, acqua e sale; è una pasta dalla forma allungata, condita con pecorino, sale e olio”, rispose la mamma.  

Pronto il pranzo la famiglia si sedette a tavola. Oltre ai pici vi erano il pane ai cereali, tipico dei ceti più umili, e il vino, spesso allungato con dell’acqua, delle spezie o dei frutti.  

“Questa pasta è squisita!” disse il pargolo, lasciando intendere il suo grande apprezzamento per questa novità.

Effettivamente le famiglie contadine come quella di Giovanni erano solite pranzare e cenare con delle zuppe come la ribollita, preparata con il tipico pane “sciocco”, senza sale, lievito o olio; bollito con acqua e verdure e servito con una base di fagioli, cavolo, verze, carote, sedano, olio, sale, pepe e patate.

Pronto il pranzo la famiglia si sedette a tavola. Oltre ai pici vi erano il pane ai cereali, tipico dei ceti più umili, e il vino, spesso allungato con dell’acqua, delle spezie o dei frutti.  

“Questa pasta è squisita!” disse il pargolo, lasciando intendere il suo grande apprezzamento per questa novità.

Effettivamente le famiglie contadine come quella di Giovanni erano solite pranzare e cenare con delle zuppe come la ribollita, preparata con il tipico pane “sciocco”, senza sale, lievito o olio; bollito con acqua e verdure e servito con una base di fagioli, cavolo, verze, carote, sedano, olio, sale, pepe e patate.

Quella cena fu speciale poiché alla bontà del cibo, vi era accostata la felicità di veder premiati gli sforzi di Giovanni, che rispettando gli accordi consegnò i formaggi e i salumi al barone, i quali vennero serviti al banchetto deliziando il palato di tutti i presenti. 


E proprio mentre veniva servita l’ultima portata, il Cavalier Donati concludeva il suo racconto. Gli invitati si trattennero a chiacchierare ancora un pò per poi ripartire al tramonto ognuno verso i propri palazzi… Termina così il nostro viaggio alla scoperta della gastronomia del 300’, una cucina semplice ma ricca di tradizione.

Classe 4f – Liceo scientifico IIS L. Costanzo

Bonacci Domenico

Cerra Alessandro

Cerra Benedetta

Chistol Analorena

Colosimo Davide

Colosimo Filippo

Costanzo Mario

De Luca Francesca

Grano Giorgio

Maruca Alessia

Mercuri Nicola

Pane Mattia

Perrone Diego

Sirianni Domenico

Tallarico Arianna