Cultura al rogo

[Benedetta Cardamone]

Come ogni anno, il 27 gennaio, con il Giorno della Memoria, ricordiamo una delle pagine più brutte della storia dell’uomo. Oggi vorrei soffermarmi su un particolare che, com’è giusto che sia, passa in secondo luogo rispetto all’abominio dei lager: i roghi di libri. Siamo davanti alla forma più vile di censura, basata sull’opposizione culturale, religiosa o politica di quelle opere.

La distruzione di queste ultime ha una storia lunga e oscura, di cui l’evento più noto è forse quello avvenuto il 10 maggio 1933, durante il regime Nazista.

In quell’anno le autorità furono particolarmente impegnate nel tentativo di convincere tutte le organizzazioni, professionali e culturali, a uniformarsi all’ideologia e alle politiche del Nazismo.

Il governo espulse dalle organizzazioni culturali gli ebrei e altri funzionari ritenuti sospetti o che avessero creato opere, viste dal regime, come “degenerate”.

Il particolare che fa più orrore è sapere gli studenti universitari tedeschi come i maggiori responsabili, i quali, infervorati dalla propaganda del Nazismo, passarono settimane a compilare liste di scrittori e libri “non tedeschi”, perlustrando biblioteche pubbliche e private alla ricerca dei volumi incriminati.

Il 10 maggio essi trasportarono i libri con camion e carri in una piazza della capitale, su cui si affacciano l’Università di Berlino e il Teatro dell’Opera di Stato. Là diedero vita al rogo, costituito dalle opere dei maggiori pensatori, scrittori e intellettuali dell’epoca; i libri furono bruciati in quanto alter ego di quegli uomini che si volevano eliminare: coloro che furono successivamente uccisi nei lager.

L’incendio di Berlino fu così partecipato e colossale da essere trasmesso anche via radio; il governo approvò entusiasticamente l’atto e nelle settimane seguenti, questa ripugnante azione venne ripetuta in centinaia di altre città tedesche, nelle quali in seguito venne distrutta ogni forma di espressione culturale tra le quali l’arte e la musica, considerate “degenerate”.

Durante il rogo, Joseph Goebbels, politico e scrittore tedesco, tenne un violento discorso contro la cosiddetta “cultura degenerata”, che si può sintetizzare con una sola frase: “Il futuro uomo tedesco non sarà un uomo di libri e per questa ragione gettiamo nelle fiamme la spazzatura intellettuale del passato”.  

Fu una violenza che creò consenso e consenso attraverso il terrore. Accadrà lo stesso per i successivi eventi pubblici come la notte dei cristalli del 1938, quando vennero infrante le vetrine di migliaia di negozi ebrei in tutta la Germania.

Penso che i roghi siano stati una fuga dalla realtà. In questo caso l’avversione alla cultura mostrata dai nazisti fu un pretesto per mascherare la loro preoccupazione di non ottenere consenso.

Fortunatamente al giorno d’oggi abbiamo sviluppato una grande sensibilità su questo argomento, basti pensare ai numerosi memoriali con cui viene mantenuto vivo il ricordo di anni bui come quelli del regime Nazista. Uno dei più noti è situato nella Bebelplatz berlinese, una delle piazze più famose della città, dove è stata realizzata una lastra di cristallo sotto la quale si apre una biblioteca di 50 m² con gli scaffali completamente vuoti.